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Al pre-Sinodo voci dei ragazzi dai cinque continenti

C’è la giovane sudafricana impegnata contro la tratta delle persone, c’è il seminarista iracheno che ricorda le difficoltà della comunità cristiana in Medio Oriente, c’è il ragazzo buddhista giapponese che porta le angosce di una generazione schiacciata dal consumismo e dalla competitività. Sono alcune delle voci che emergono dalla riunione presinodale in corso da lunedì a sabato in Vaticano per preparare il Sinodo che a ottobre riunirà i vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

«C’è grande interesse e totale partecipazione da parte dei giovani. In questi giorni sono arrivati a Roma 305 ragazzi dai cinque continenti», ha spiegato il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, nel corso di un meeting point con un gruppo di ragazzi organizzato dalla Sala stampa del Vaticano. «E in quindicimila sono in contatto via social», ha detto il Porporato che ha poi ricordato il programma. Dopo l’avvio dei lavori ieri mattina, prima con un discorso del Papa e poi con uno scambio di domande e risposta tra i giovani e Francesco , ieri pomeriggio i ragazzi divisi in Circuli minores linguistici hanno esaminato la prima parte della traccia di lavoro, questa mattina la seconda parte e nel pomeriggio di oggi la terza parte. In serata è prevista una festa. Domenica prossima, domenica della Palme, i giovani consegneranno il loro documento finale al Papa.

«Non si parla abbastanza del traffico di esseri umani, sono felice che invece il Papa ne parli», spiega Tinyiko Joan Ndaba, ragazza del Sudafrica che fa parte della rete Talita kum che lavora per contrastare e prevenire la tratta degli esseri umani. «È importante anche, come ha fatto il Papa, mettere l’accento sulla domanda: il fatto che ci siano anche cattolici che pagano le prostitute è un grande problema. Le parole del Papa sono state molto chiare e ci incoraggiano ad andare avanti. Può sensibilizzare molte persone, può aprire altre porte in tanti paesi e aiutare a prevenire la tratta e lo sfruttamento delle persone. E noi giovani possiamo prendere parte a questa mobilitazione e, insieme, fare qualcosa per il contrasto di questo fenomeno».

«È molto difficile dire ai nostri giovani, alle nostre famiglie, non andate via», afferma da parte sua Youhanan Zaytouna, seminarista iracheno che studia a Roma. «Perché io non posso essere sicuro che se qualcuno decide di rimanere, non venga ucciso. E in un contesto così, mi chiedo: dove è il futuro dei giovani che vivono in Iraq? Il problema è la sicurezza e alla mancanza di sicurezza si aggiunge anche la difficoltà di trovare un lavoro, l’impossibilità di mantenere una famiglia, di poter vivere. Se l’Iraq ridiventa terra sicura, se l’Occidente aiuta l’Iraq in questo processo, senza derubarci delle nostre ricchezze, la gente può tornare perché tutti vogliono tornare».

Il nigeriano Nneji Vincent Paul sottolinea tra l’altro l’importanza del dialogo interreligioso. «Ora noi giovani dobbiamo assumere la responsabilità di questo dialogo. Abbiamo la voce, dobbiamo farla sentire e vogliamo che venga ascoltata. Il Papa ci ha detto di essere coraggiosi, di non avere paura, di esprimerci, ed è giusto che prendiamo in carica le decisioni nella Chiesa e nella società».

Gli fa eco Mortola Rodríguez Corina Fiore, dal Messico, che sottolinea l’invito del Papa al «coraggio di parlare senza vergogna»: «Noi ragazzi sappiamo essere critici, dobbiamo imparare a esprimere le nostre idee. In Messico, così come in altri paesi, si dice sempre che i giovani sono il futuro, ma se siamo il futuro vogliamo essere ascoltati, cosa che non accade sempre. Qui alla riunione presinodale possiamo essere ascoltati. Sia che volgiamo mettere su famiglia, che abbiamo una vocazione, laici o religiosi, alla Chiesa chiediamo di ascoltarci».

Anche Nishimwe Stella, ragazza burundese membro del movimento dei Focolari, insiste sull’importanza di ascoltare i giovani: «È importante che la Chiesa ci ascolti, ci faccia sentire liberi di vivere la nostra fede, ci accompagni nella vita di tutti i giorni. Io personalmente – spiega – sono bene accompagnata, ma quando mi giro intorno vedo giovani che non si sentono sempre liberi di fare le loro confessioni, o si sentono marginalizzati, oppure hanno la percezione che la Chiesa sia vecchia». Il rischio che alla fine della riunione presinodale escano belle parole che non vengano prese in considerazione dai vescovi che si riuniscono a ottobre? «Non penso», risponde Nishimwe Stella, «il Papa ci ha detto di parlare senza filtri, è quello che faremo, e sono ottimista che verremo ascoltati».

Non tutti i ragazzi che partecipano all’incontro sono cattolici. Yoshikazu Tsumuraya, giapponese di Fukishima, fa parte dell’organizzazione buddhista Rissho Koseï-kaï. «Abbiamo buoni rapporti con i cristiani, con i cattolici. Ci sono rapporti con il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Ci hanno invitato a questa riunione, e sono stato scelto. Sono molto contento di partecipare. Proprio per conoscere meglio la Chiesa ho già studiato teologia cattolica all’Università salesiana di Roma, dove ho fatto molte amicizie fondate sulla stima reciproca». Al pre-Sinodo Yoshikazu intende parlare dei problemi dei giovani giapponesi e fa alcuni esempi: «Ci sono gli hikikomori, ragazzi che a causa delle difficoltà nelle relazioni si chiudono in camera loro e non frequentano più nessuno, ci sono i karoshi, persone che muoiono per il troppo lavoro, ci sono persone che si suicidano». E con i ragazzi di tutto il mondo vuole condividere questi problemi e la speranza di risolverli.

Fonte: Jacopo SCARAMUZZI | VaticanInsider

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