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Lettere. Baby gang, siamo tutti responsabili. Offrire un’alternativa alla noia

I ripetuti episodi di intolleranza, di bullismo, di violenza inaudita e fine a sé stessa che hanno per protagonisti giovani e giovanissimi stanno diventando una vera e propria emergenza sociale. Molte sono le analisi del fenomeno, molte le letture e le interpretazioni, il rischio è tuttavia, ancora una volta, l’assuefazione, la rassegnazione o, peggio ancora, l’indifferenza che, come ebbe a dire Anton Cechov, è «la paralisi dell’anima». Non entro nel merito delle analisi, senza dubbio pertinenti, condivisibili e degne di riflessioni; ciò che soprattutto mi rattrista e sconcerta è il vuoto di questi giovani, l’assenza di valori, tanto che alcuni di loro hanno ammesso di aver agito per noia. Quando la vita non ha alcun senso tutto è possibile, non c’è distinzione tra bene e male, a determinare le azioni è la pura l’istintività, l’altro non vale nulla, così come la sua vita. Per questo io credo che il problema delle baby gang riguardi tutti, non solo ( e per primi) genitori e docenti; riguarda tutti, tutti siamo chiamati a educare, non tanto con le parole quanto con i fatti. Una società che smarrisca il senso della vita è una società impazzita, avviata all’autodistruzione. Affermava Pierre Teilhard de Chardin: «Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste, è invece quella malattia spirituale, il più terribile perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto di vivere» .

Maria Laura Fraternali Urbino

La violenza delle ultime gesta di baby gang registrate dalla cronaca angoscia proprio per la sua gratuità: non era per vendetta, né per rubare che le giovanissime vittime sono state aggredite. Scelte a caso, come se uno valesse l’altro – come se tutti non valessero nulla. Ci ripetiamo, giustamente, che esistono tanti bravissimi ragazzi, ed è vero. Ciò non toglie quel certo disagio che provi quando magari sul metrò incappi in una banda di adolescenti che dalle periferie converge verso il centro, un sabato sera; e non puoi non sentirne il linguaggio, non vederne i modi, come di branco che segua il più forte, in una logica che è totalmente fuori dalla politica o da qualsiasi ideologia. Una logica guidata dalle mode, dai soldi, o dal puro desiderio di ammazzare, appunto, la noia. Di tutti i nemici il peggiore, quello che svuota le giornate, annebbia gli affetti, fa smarrire la strada. Certo, ti dici osservandoli, questa banda di sedicenni non picchierà nessuno, però ti pare di capire, dagli sguardi, dagli scambi di battute, che non sarebbe del tutto impossibile, se al ‘capo’ venisse in mente. Non ne hanno l’intenzione, non sanno nemmeno loro cosa faranno stasera, ciondolando per il centro; ma proprio in questo nulla, dal nulla può prendere forma una reazione del tutto istintiva, che si fa forza dell’essere in tanti, come in un gregge, e come se nessuno fosse veramente responsabile. Non basta, cercare di consolarci pensando a quanti bravi ragazzi ci sono. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a un virus che colpisce qui e là, e però ora più di frequente. Il virus di un nichilismo alimentato in case solitarie, dove i genitori arrivano troppo stanchi, la sera, e non c’è più una madre che ascolta e capisce. Magari non c’è più neanche un fratello, per imparare a condividere la vita con un altro. Infanzie passate davanti alla tv, a ruminare Isole dei famosi e pubblicità. Al bar sottocasa, dove una volta ci si infiammava almeno fra comunisti e no, ora domina il trillo monotono e insistente delle slot – ogni tanto, ingannevole, una breve cascata di monete. Resta, per chi ci va, come un avamposto coraggioso, l’oratorio; e la scuola, naturalmente, che insegna l’italiano e la matematica, ma forse non è capace, o almeno non sempre, di educare anche l’umanità dei ragazzi, che è la cosa essenziale. Lo smarrimento del gusto e del senso del vivere che la signora Fraternali rileva esiste, e certi episodi di violenza gratuita sono come spie che si accendono, a segnalare che l’aria che tutti respiriamo è gravemente inquinata. Ed è vero, è una questione che ci riguarda tutti, genitori, insegnanti, nonni, ma in generale tutti gli adulti. Perché i nostri figli si nutrono di ciò che respirano attorno a loro, e se si perdono nella noia è perché nessuno ha proposto loro credibilmente una alternativa. Che non è fatta di saggi princìpi e nobili parole, ma prima di tutto della trasmissione di una passione per la vita; della certezza che si vive per uno scopo, con gli altri e per gli altri, mai soli ma dentro una storia comune, in una umana compagnia che solo noi possiamo cambiare.

Fonte: Marina Corradi | Avvenire.it

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