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SINODO GIOVANI – Verso il Sinodo con tanti film: NON E’ UN PAESE PER GIOVANI #1a proposta
— 12 Gennaio 2018— pubblicato da Redazione. —
NON È UN PAESE PER GIOVANI
di Giovanni Veronesi
con Filippo Scicchitano, Giovanni Anzaldo, Sara Serraiocco,
Sergio Rubini, Nino Frassica
Italia 2017// Durata 105’ // Drammatico
Il film in un tweet
Sandro e Luciano sono due giovani camerieri ventenni che hanno dei sogni
nel cassetto. L’Italia sembra non dargli nessuna prospettiva. Per questo decidono
di partire per Cuba alla ricerca del loro destino.
La sfida
Perché i giovani sono così spesso considerati una «zavorra» e non una «risorsa
» per il lavoro, l’economia, il progresso in Italia? Perché non si dà fiducia ai
giovani quando la meriterebbero?
La condizione umana
Sandro è uno dei ventenni con un sogno nel cassetto e vuole diventare uno
scrittore, mentre Luciano, cupo e misterioso, ha in progetto di varcare l’oceano
per potersi realizzare da grande come cuoco. Decidono così di lasciare
un lavoro precario di camerieri a Roma per partire alla volta di Cuba, al fine
aprire un ristorante con tanto di wi-fi ancora raro sull’isola. Ma non tutto va a
gonfie vele, nonostante il contatto con Nora, la strana e ferita dalla vita, che
in qualche modo cerca di dare loro una mano. Così i due avranno modo di
«perdersi» o «ritrovarsi» sul posto, cambiati per sempre dalle loro scelte e dal
proprio destino.
Giovanni Veronesi ha avuto una buona intuizione con Non è un paese per
giovani: «Forse è la prima volta che accade, ma non è un caso: un film che
viene tratto da una trasmissione radiofonica. Un’esperienza fatta di dirette radio
tutti i giorni a Radio2, dove chiamavo un ragazzo italiano all’estero e mi
facevo raccontare la sua storia e il perché se n’era andato dall’Italia». Tuttavia
il quadro che ne esce è qua e là non sempre a fuoco, lasciando l’intento piuttosto
annacquato da una sceneggiatura forse troppo debole nell’affrontare uno
dei temi più importati di oggi, come l’emigrazione dei ragazzi italiani all’estero,
alla ricerca di quella concreta possibilità di lavoro che realizzi le loro aspirazioni.
Se da una parte il racconto ci ricorda che «non sono tutte rose» fuori dal nostro
Paese, dall’altra alcune soluzioni narrative appaiono giustapposte e non così
approfondite. Resta, tuttavia, il pregio della domanda che si impone nell’opera:
perché, alla fine, si lasciano sempre scappare i giovani e la politica, nonostante
gli intenti, non trova soluzioni percorribili per i cosiddetti «cervelli in fuga»?
Azzeccata, dunque, l’idea iniziale e finale di porre sullo schermo i videomessaggi
dei ragazzi all’estero. Sono davvero tanti e sono dappertutto. Torneranno
prima o poi? Perché rincaseranno? Cosa gli faremo trovare?
Una rilettura del film teologico-pastorale
a cura di Alberto Gastaldi – incaricato di Pastorale Giovanile per le Diocesi della
Liguria
C’è un desiderio che spinge Sandro e Luciano a partire: quello di non accontentarsi
di una vita precaria nel loro paese. Vengono in mente le parole di Papa
Francesco: «Rischia! Chi non rischia non cammina. “Ma se sbaglio?”. Benedetto
il Signore! Sbaglierai di più se tu rimani fermo» (Discorso a Villa Nazareth, 18
giugno 2016). Una situazione che tormenta e che mette in moto le energie migliori
dei due giovani. Può essere l’immagine di tanti coetanei partiti per l’estero,
rappresentati nelle interviste che aprono il film.
La decisione di lasciare l’Italia sembra trovare immediatamente un orizzonte
di percorso in un progetto condiviso, promuovere la rete Wi-Fi a Cuba. Infatti
“i giovani apprezzano la possibilità di combinare l’azione in progetti concreti
su cui misurare la propria capacità di ottenere risultati, l’esercizio di un protagonismo
indirizzato a migliorare il contesto in cui vivono, l’opportunità” (XV
Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, I giovani, la fede e il discernimento
vocazionale, Documento Preparatorio I.3).
Il limite del percorso di Sandro e Luciano è però quello che la precarietà rimane
la cifra interpretativa di tutta la loro esperienza a Cuba. “La scelta non può restare
imprigionata in una interiorità che rischia di rimanere virtuale o velleitaria – si
tratta di un pericolo accentuato nella cultura contemporanea –, ma è chiamata
a tradursi in azione, a prendere carne, a dare inizio a un percorso, accettando
il rischio di confrontarsi con quella realtà che aveva messo in moto desideri ed
emozioni” (II.2).
Interessanti sono alcuni dialoghi tra Sandro, Luciano e Nora, conosciuta a Cuba,
tipici dell’età giovanile: esprimono quella richiesta profonda di non essere soli
nei “passaggi importanti della vita”. Il primo riferimento di confronto sono i compagni
di cammino: “Forte è il desiderio di confronto aperto tra pari. A questo
scopo è grande il bisogno di occasioni di interazione libera, di espressione affettiva,
di apprendimento informale, di sperimentazione di ruoli e abilità senza tensione
e ansia” (I.2). Questa condivisione, per arrivare a un percorso di crescita,
deve però essere accompagnata dall’incontro con adulti significativi. “I giovani
sentono il bisogno di figure di riferimento vicine, credibili, coerenti e oneste…
Cercano figure in grado di esprimere sintonia e offrire sostegno, incoraggiamento
e aiuto a riconoscere i limiti, senza far pesare il giudizio” (I.2) Nel film gli adulti
non sembrano aver la capacità di sostenere un confronto educativo con i protagonisti.
Si rimane solo su suggestioni o consigli legati a istanze di poco conto. È
un peccato perché in questo modo Sandro e Luciano sono sospinti più ad adeguarsi
agli eventi che a “prendere in mano la loro vita”.
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