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La morte è un cartone per bambini «Coco» indica la strada: la memoria

Il successo dell’ultimo film Disney e il dibattito tra genitori di fronte al tema più difficile. Come spiegare ai più piccoli che la vita ha una fine?

Una donna straordinaria come Giovanna Cavazzoni, che nel 1982 ha fondato Vidas, l’associazione milanese di assistenza ai malati terminali, non perdeva occasione per ricordare che nel mondo rurale in cui era cresciuta, in un paesino sopra il Lago di Como, la morte era una presenza familiare vissuta nella coralità. Non faceva paura e non veniva esorcizzata. E lamentava invece il fatto che oggi i bambini vengono tenuti a distanza dal defunto, anche quando si tratta di un nonno o di una nonna con cui si sono vissuti diversi anni di vita. Non solo: vengono tenuti a debita (o indebita) distanza da qualunque discorso che abbia una parvenza luttuosa. C’è nelle sale, in queste settimane, un film d’animazione che costringe le famiglie a interrogarsi sulle parole da usare con i figli parlando di morte. O meglio di quella che stentiamo a chiamare morte.
Si tratta di Coco, il capolavoro Disney-Pixar che racconta la storia di Miguel, un undicenne che il Giorno dei Morti, in un villaggio del Messico, mettendosi alla ricerca del suo mito musicale scomparso da tempo, finisce per valicare il confine della Terra dei Vivi ritrovandosi, da vivo, in quella dei Morti. In fuga dalla famiglia che per superstizione gli proibisce di coltivare la musica e il canto, le sue vere passioni, il piccolo attraversa un aldilà insieme lugubre e scintillante, abitato da scheletri snodabili, smontabili e ricomponibili, parlanti, a volte tristi dispettosi a volte soccorrevoli e allegri più dei vivi.

La poesia per parlare ai bimbi

È un’opera di pura poesia che pone con coraggio il tema dei temi: che cos’è la morte e come spiegarla ai bambini. Non si esce dal cinema senza queste domande sulle labbra. E chissà quanti papà e quante mamme, tra i milioni di spettatori (il film è da settimane ai primi posti delle classifiche), a cose fatte si saranno chiesti se la visione di Coco era davvero adatta ai loro bambini. Magari scambiandosi opinioni divergenti tra genitori e genitori credenti, miscredenti, laici, scettici, agnostici o atei. Ma la rivelazione è che si viene fuori dalla sala anche con qualche luminosa risposta, rassicurante e per nulla banale. In un fantastico (magico-realistico) equilibrio tra divertimento e profondità, i barlumi di risposte coincidono con alcune parole chiave. La prima è quella oggi più abusata: «memoria». Nella Terra dei Morti i morti si spengono davvero, e definitivamente, solo quando la comunità dei viventi si sarà dimenticata di loro. L’ultima battaglia di Miguel, nel suo romanzo di formazione, sorge proprio da questa nuova consapevolezza: per cui deve a tutti i costi riuscire a tenere in vita il suo antenato Hector, defunto da molti anni, salvandone il ricordo presso i suoi familiari e non solo.

La forza della memoria

Coco ci segnala anche che la memoria non è una forza passiva, ma un impegno: la restituzione, dove si è consumato il torto, di una giustizia che sembrava perduta per l’inganno, l’errore o il tradimento, come nel caso di Hector, riscattato grazie all’energia di Miguel. In fondo, che cosa possiamo dire ai nostri figli di più onesto e fiducioso, di fronte alla morte di un nonno o di una nonna, se non: ricordiamolo o ricordiamola per quello che era; ricordiamolo o ricordiamola insieme. Nel film questo «insieme» invocato, combattuto e infine recuperato è la famiglia, luogo mitico di naturale e fiducioso passaggio delle generazioni: sono quattro quelle che convivono nella stessa casa, dal pronipote Miguel alla vecchissima bisnonna pronta ad andarsene e destinata anche lei a rimanere nel cuore e nella continuità dei pensieri dei viventi.
Comunione è un’altra parola-idea chiave che la poesia di Coco riesce a trasmettere con delicatezza e ironia ai genitori e ai figli: la presenza dei morti è incancellabile dalla nostra vita. La comunione tra vivi e morti è più che una magnifica speranza.

Fonte: Paolo Di Stefano | Corriere.it

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