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Charlie Gard e l’apparente vittoria di Lord Voldemort

È il 6 febbraio 1943. Il dottor Ernst Illing, psichiatra responsabile di un ospedale del Terzo Reich, scrive ai genitori di un bambino ricoverato:

«Devo comunicarvi il mio rammarico nell’informarvi che il bambino è morto il 22 gennaio 1943 per infiammazione delle vie respiratorie… Egli non aveva fatto alcun tipo di progresso durante il suo soggiorno qui. Il bambino non sarebbe certamente mai diventato utile alla società ed avrebbe anzi avuto bisogno di cure per tutta la vita. Siate confortati dal fatto che il vostro bambino ha avuto una dolce morte».

Nella Germania nazista più di 5000 bambini e adolescenti con disabilità fisica o disturbi mentali furono uccisi in reparti speciali, come quello del dottor Illing.

Dopo una prima fase, atrocemente “limitata” ai malati inguaribili, si passò alla mattanza: anni di eutanasia selvaggia che coinvolsero dai portatori di malattie ereditarie anche non gravi a semplici malati di broncopolmonite, dai neonati deboli agli anziani fragili. Un mantra attraversava il cielo della Germania: “vita indegna di essere vissuta” (lebensunwertes Leben). Oggi, mentre il piccolo Charlie Gard viene trasferito in un hospice segreto dove verrà ucciso per soffocamento, perché la sua è una “vita indegna di essere vissuta”, assistiamo impotenti al raggelante silenzio dei grandi della Terra. Ancora una volta l’uomo si erge a divino artefice della vita degli altri uomini. Li categorizza, li etichetta, distribuisce loro diverso valore in base alla loro probabile produttività. Poi scarta i più deboli, elimina dalla vista del mondo questi corpi magari immobilizzati dalla malattia. Perché su questi corpi ci sono due occhi che feriscono, che bucano l’anima con la loro pura fierezza.

Fissare questi occhi significa scoprirsi deboli, significa riconoscersi profondamente umani, tutti segnati dai limiti, dalla possibile malattia, dal certo decadimento. Dove aumenta la debolezza, aumenta l’umanità. Ci riconosciamo umani, fratelli, compagni anche sofferenti di una strada condivisa. Ma la storia è ciclica e l’ideologia si ripresenta.

Viene alla mente “Harry Potter”, la grande saga che si apre con il Male sconfitto dal più sincero gesto d’amore: una madre dona la sua vita per salvare il figlio. Ma il Male non scompare del tutto, trova un ristretto spazio di sopravvivenza nel cuore malvagio di pochi, e nel tempo celatamente cresce. Si nutre dell’ignavia, del silenzio, del politicamente corretto, dall’abitudine, della superficialità. Poi Lord Voldemort ritorna, compare sul cielo di un mondo che ha appena finito di piangere per i suoi atroci delitti. E questo mondo non lo riconosce. Il Ministero della Magia nega il suo ritorno, i giornali ridicolizzano Harry e i suoi amici, i compagni di scuola li emarginano. Sotto quella cappa opprimente però ci sono incontri che segnano la futura vittoria del Bene. Harry non è solo: attorno a lui nasce una Compagnia dell’Agnello (consentitemi l’iperbole spazio-letteraria) che anche noi oggi dobbiamo costruire. Quando il Male sembra sul punto di vincere, quando insomma ha assoldato dalla sua parte la politica, l’economia, la stampa, lo spettacolo, addirittura parte della Chiesa (il dolore più lancinante), lì inizia il percorso di salvezza per l’umanità, perché lì la scintilla di Bene che tutti abbiamo nel cuore, e che sopravvive nonostante i nostri mille peccati quotidiani, si accende e non smette più di brillare.

Caro piccolo Charlie, perdona la nostra debolezza. In questi giorni lo strazio per te è indicibile, gli sforzi sono stati immani, inediti eppure vani. Ma non credere che ci fermeremo qui:

“Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”

(G. K. Chesterton, “Eretici”, 1905).

Fonte: Giacomo Bertoni | BlogCostanzaMiriano.com

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