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L’appello di don Mazzi: non ignorate i vostri figli

 

“Sono gli adulti i primi responsabili dei mali che stanno mettendo a dura prova le esistenze dei tanti giovani e giovanissimi minacciati da vecchie e nuove dipendenze”. Grido d’allarme – non il primo, in verità – di don Antonio Mazzi. Vero e proprio schiaffo alla grande fuga dalle responsabilità paterne e materne di un numero sempre più crescente di genitori, secondo uno dei più attenti osservatori del panorama giovani, volto noto al grande pubblico, ma soprattutto profeta dei sofferenti seguito ed ascoltati da persone di tutte le età, sacerdote da sempre vicino a diseredati, bisognosi, “scartati”, vittime di tossicodipendenze e violenze di ogni genere che accoglie in quella mirabile sequela di cittadelle della speranza da lui fondate in Italia e all’estero con l’inconfondibile nome di “Exodus”.

Ottantasette anni ben portati (è nato a Verona il 30 novembre 1929) don Antonio da sempre è sinonimo di sfide impossibili, di aiuto incondizionato a chi chiede di essere aiutato, speranza, voglia di sporcarsi le mani e di Chiesa “ospedale da campo aperto a tutti” in perfetta sintonia con un’altra figura che, sia da vescovo, che da cardinale ed ora da Pontefice, è solito parlare lo stesso linguaggio di fronte alle sofferenze del mondo, Papa Francesco.

Grande esperto, quindi, di problematiche giovanili, a partire dalle nuove forme di dipendenza, che Mazzi, però, vede come diretta conseguenza del “vuoto” a cui i ragazzi vanno incontro a causa della “latitanza” degli adulti, primi fra tutti “i padri che non sono più figure di riferimento per i loro figli, tanto meno maestri di vita e di speranza”. “Vuoto educativo, latitanza, fuga da responsabilità genitoriali che – è il monito del fondatore di Exodus – non fanno altro che alimentare quelle forme di esclusione e di disagio che spingono un numero sempre più crescente di ragazzi nelle trappole delle droghe e dei loro derivati. Ma prima di parlare di dipendenze ed adombrare i pericoli ad esse legati, è bene che ai giovani venga presentato quanto di bello, di positivo e di propositivo c’è in tutte le varie fasi della vita, malgrado difficoltà, fatiche, frustrazioni, pesi di ogni genere. I giovani devono sentirsi dire che la vita, la loro vita, è comunque bella e non va sprecata. E a chi spetta l’onere di farglielo sapere con le dovute forme e con i tempi giusti? Io rispondo, i padri, le madri. Ma, mi chiedo, i genitori di oggi lo sanno?”.

Trovare una risposta è difficile. Ma per don Mazzi è fin troppo “chiaro” additare i “grandi pericoli, i mali del Terzo millennio” che gravano su ragazzi e ragazze “lasciati soli a sé stessi”, come “quelle nuove forme di dipendenze legate ad alcol, droga, slot machine mangiasoldi, trasgressioni da tempo libero e da internet”. Ideale tragica classifica del male preceduta – spiega il sacerdote – “da quella che io indicherei come la madre di tutti i mali, vale a dire le responsabilità mancate degli adulti verso i giovani, la latitanza dei genitori, la grande fuga degli adulti dai giovani”.

Una autentica piaga della mala educazione per la quale “il problema dei problemi è chiedersi quanto tempo i genitori dedicano ai loro figli, quanta attenzione mostrano nei loro confronti. Ma prima ancora di arrivare a tracciare una sorta di identikit delle grandi dipendenze che minacciano i giovani, sarebbe meglio che – puntualizza don Mazzi – gli adulti si impegnassero con più costanza e determinazione a raccontare loro il bello della vita, le passioni, le gioie, il fascino della musica, la ricchezza dell’amicizia, dello sport, le emozioni dello stare insieme, in definitiva la bellezza della felicità. Se ai giovani non si dicono queste cose, è quasi inevitabile che i più fragili credono che la vita sia tutto un inferno, diventando facili prede di cattivi maestri e di pericolosissime scorciatoie. Purtroppo è la realtà con cui ogni giorno dobbiamo misurarci nelle nostre comunità acconto a ragazzi e ragazze provati dalle difficoltà più varie ed atroci, difficoltà che col passare del tempo vanno sempre più aumentando”.

Ma il fondatore di Exodus, alla luce della sua lunga esperienza accanto alle problematiche giovanile non si limita a lanciare solo accuse o lamentele fine e sé stesse. “Gli adulti – è la proposta che è solito lanciare nei suoi frequenti pubblici incontri ed ora anche attraverso In Terris – è bene che facciano un grande esame di coscienza. Prima di tutto. Subito dopo, varare progetti educativi nuovi, all’avanguardia, in grado di presentare il volto bello, alto e positivo della vita ai ragazzi e alle ragazze, anche nelle fasce d’età più basse perché – e questo è un altro pericolo che va additato con forza – la voglia di trasgressione e di fuga ormai sfiora anche i più giovani al punto che la fanciullezza sta diventando una parentesi dei primi anni sempre più breve. Prima di giudicare e di gridare contro, gli adulti, in primo luogo i genitori, i padri, le madri, devono mettersi al servizio dei figli, con l’esempio, l’educazione, con la forza di dire sì o no quando è necessario, senza sconti e senza scorciatoie tartufesche. Ad esempio, non ci si può lamentare se un giovane usa troppo il cellulare se, poi, il genitore ne usa tre o quattro. Oppure, non si è credibili se si pretende dai figli il rispetto delle regole, se poi quando si è alla guida si passa col rosso, si butta la spazzatura per terra o si evadono allegramente le tasse. Se i genitori sono i primi a non dare esempi positivi, è fatale che i figli si girano dall’altra parte”.

Ma, avverte don Mazzi, si “tratta di una sfida difficile e che non sarà facile vincere perché niente è facile nel campo educativo e, in particolare, nella prevenzione dai pericoli che minacciano i nostri ragazzi. Ma l’importante è incominciare a provarci e non arrendersi, o abbandonarsi a forme di latitanza imperdonabili. Ripeto, prima di tutto, occorre darsi, come adulti, un nuovo progetto educativo che ruoti intorno al bello della vita da proporre e da raccontare. La positività paga, a fatica, ma paga. E i primi a rendersene conto sono loro, i giovani, a patto che non si sentano abbandonati. Quanto alle nuove dipendenze sarebbe altrettanto grave negarle. Anzi, è bene prendere atto che oggi, rispetto, ad esempio, ad una trentina d’anni fa sono cresciute. Prima si parlava solo di droga, di spinelli, di tossicodipendenze. Mali indubbiamente gravi che hanno mietuto milioni di vittime. Oggi, alla droga vanno aggiunti l’uso incondizionato dell’alcol, e non parlo solo del vino e della birra. Come pure la piaga del gioco d’azzardo, delle slot machine, di quelle infernali macchine mangiasoldi causa di tanta disperazione per giovani e meno giovani. Ma non sottovaluterei il ricorso perverso a internet, alla rete, a quelle pericolosissime trappole informatiche sempre più sofisticate dietro le quali si nascondono orchi ed insidie di ogni genere come pedofili, sfruttatori, pericoli di tratte e di prostituzione. Come pure non sottovaluterei le varie forme di bullismo che vanno sempre più prendendo piede tra determinate fasce giovanili, che antepongono al dialogo ed al rapporto amicale, la prepotenza, l’oppressione dei più deboli, il male per i più fragili”.

Occorre, dunque, “vigilare per far sì che questi i modelli positivi siano adeguatamente promossi tra i giovani, senza mai stancarsi – conclude don Mazzi – di insistere sull’educazione, sulla sessualità, sul rispetto della donna, anche se i giovani devono fare i conti con forme di bombardamento legato a modelli sessuali suadenti, apparentemente privi di pudore e di attenzione, che possono arrivare attraverso una distorta lettura di immagini televisive, pubblicitarie e giornalistiche. Ma, mi chiedo, se gli adulti non si fanno carico di queste problematiche, quali sono i modelli a cui i giovani devono fare riferimento? E’ ipocrita indignarsi di fronte a casi di femminicidi o di violenze verso il cosiddetto diverso, se a monte non c’è un profondo ed attento lavoro educativo. E gli adulti dovrebbero saperlo. Ormai non c’è più tempo da perdere”.

Fonte: InTerris.it

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