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Tragedia di Ferrara – Educare, e non pensare i giovani tutti uguali

Pubblichiamo due lettere al direttore di Avvenire per riflettere sui fatti di Ferrara

Caro direttore,

continua a farmi male a farmi pensare la tragedia di Ferrara. Due ragazzi di buona famiglia, due famiglie normali, grandi lavoratori, con tutti i problemi quotidiani di ognuno di noi. Due ragazzi senza voglia di studiare, di rispettare le regole, senza responsabilità alcuna. Non guardiamoli come due mele marce capitate nel cesto di qualcun altro. Quei ragazzi li abbiamo educati noi. Potrebbero essere i nostri. Noi, che portiamo sulle nostre spalle la cartella dei nostri figli perché non ne sentano il peso. Noi che cerchiamo di non far mancare loro nulla, ma che non sappiamo testimoniare con la vita e i fatti cos’è bene e cos’è male. Ci alziamo presto per portare fuori il cane, ma ci addormentiamo senza riuscire a fare due chiacchiere con loro. Non li portiamo ai funerali per evitare loro che scoprano che esiste la morte, ma lasciamo che uccidano anima-letti virtuali tutto il giorno con i loro video games. Noi che li chiamiamo per chiedere: ‘Dove sei?’. Ma che non chiediamo mai loro: ‘Cosa sei, cosa sogni, cosa vuoi fare della tua vita‘. Li difendiamo dalle intemperie e da ogni difficoltà, dimenticando che le frustrazioni, l’affrontare la vita si impara passo, passo, da piccoli. Solo così crescendo saranno capaci di affrontare la fidanzata che non li vuole più, la moglie che se ne va, il datore di lavoro burbero. Abbiamo dimenticato che si educa insieme, con un’alleanza tra scuola, famiglia, nonni, allenatori – invece inveiamo contro l’allenatore, l’insegnante, usiamo i nonni come baby sitter e spesso usiamo i figli per dimostrare all’altro coniuge quanto lui sia incapace di fare il genitore. Non basta gridare all’emergenza, qui si deve ricominciare a educare, tutti insieme, anche lasciandoci educare a nostra volta, chiedendo aiuto se occorre.

Nerella Buggio

Gentile direttore,

debbo dirle che non sono per nulla sorpreso del duplice omicidio di papà e mamma a Ferrara, anzi mi sorprende che questi fatti non accadano più spesso. Se questo non accade è perché c’è ancora un substrato solido nelle famiglie che fa da argine. Se lei accende il televisore a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno si può immergere in telefilm con personaggi e metodi non molto distanti da quel che oggi ci descrivono le cronache. Si potrebbe dire che dal nostro televisore cola sangue 24 ore su 24! Se poi aggiungiamo la presunzione ipertrofica di essere immuni dalle influenze di questi programmi televisivi il cerchio si chiude. La televisione non è ininfluente o innocua. Sarà un caso che molti si scannano per controllarla? La misura di questo interesse è nei prezzi della pubblicità: se fosse ininfluente non si pagherebbe 100mila euro per uno spot di 10 secondi per un rotolo di carta igienica! Investire sulla solidità della famiglia e sulla povertà educativa forse potrebbe essere vantaggioso…

Valter Boero

Seguo i vostri ragionamenti, gentili e cari amici. E condivido l’amarezza, l’auspicio, la dedizione buona che anche da questi testi riuscite a far emergere. Mi permetto solo una sottolineatura: resistiamo all’abitudine retorica di trattare un’intera generazione come un sol uomo o una sola donna. Ci sono, purtroppo, giovani come quelli che hanno ucciso terribilmente a Ferrara e che è ben possibile pensare e descrivere come abbandonati da tutti tranne che da una tv stordente e sanguinosa, ma tanti, tantissimi altri non sono affatto così. Ricordiamocelo, sempre. Non per diminuire il nostro adulto impegno d’amore e, dunque, di educazione, ma per felicemente aumentarlo. E per dare valore e credito ai ragazzi e alle ragazze che cercano, e stanno costruendo, una vita buona.

Marco Tarquinio

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