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FILM «Silence», cos’è il silenzio se non la disperata ricerca di verità? (con Intervista Integrale a Martin Scorsese)

Com’è difficile racchiudere il significato di un intero film in una sola parola. Silence rappresenta per Martin Scorsese un ennesimo tassello ineguagliabile nella sua memorabile carriera. Il ritorno alla collaborazione con lo sceneggiatore Jay Coks (che aveva già collaborato con il regista in Gags of New York e L’età dell’innocenza) segna di fatto un nuovo inizio per il regista americano.

Mai, a memoria, si ricorda un film così diverso da parte di Martin Scorsese. In passato il regista aveva sì toccato l’argomento storico (con Gangs of New York e Hugo Cabret) ma mai si era addentrato con così tanta efficacia in un periodo particolarmente ostile alla cultura popolare, stiamo parlando del medioevo giapponese. La lunga fase di scrittura del film (ripreso dopo ben 15 anni di buio) e l’altrettanto travagliata fase produttiva hanno creato intorno a Silence un’aura di aspettative degna del più recente blockbuster hollywoodiano, anche se qui di giganteschi pupazzi volanti e violenti non c’è nemmeno l’ombra.

Qui si parla di emozione pura e incontaminata del cinema, un susseguirsi di immagini incisive contornate da un’aurea fotografia paesaggistica e da scenografie da pelle d’oca. Ed è qui che il film si libra leggero e leggiadro, non riuscendo a pesare minimamente sullo spettatore (considerando i suoi 161 minuti). Martin Scorsese era pronto al grande passo: un film sulla fede e sulla religione in un momento storico così delicato e così particolare.Il film è tratto dal romanzo di Shusaku EndoSilence (appunto Silenzio), ma la trasposizione ha qualcosa di più, ha quella possanza artistica e spirituale che le semplici parole difficilmente riescono ad avere, quella possanza che sa scalfire l’animo. Ci vuole qualcosa in più, un plus-valore che è chiaro e lampante nel film di Martin Scorsese, non a caso nella scelta del cast tecnico il regista di Hugo Cabret ha voluto i suoi collaboratori di sempre (Rodrigo Prieto alla fotografia e Dante Ferretti per i costumi e le scenografie).

Silence trascina e appassiona dal primo all’ultimo respiro, una storia parallela che vive di luce riflessa delle Sacre Scritture e che vede protagonisti Adam Driver e Andrew Garfield (Spider-Man è cresciuto ormai e si è fatto uomo, oltre che grande attore). A completare il cast Liam Neeson nei panni del predicatore cristiano Padre Ferreira.

Silence vuol dire Silenzio e silenzio vuol dire che il mondo che ci circonda non ci sente o siamo noi a non sentirlo.

Il mistero del silenzio è che non fa quasi mai lo stesso rumore, l’incipit e la fine del film collimano in un perfetto cerchio giottesco con quello che Simon & Garfunkel avrebbero definito The Sound of Silence.
La storia ruota intorno alle figure cristiane e cristologiche di Padre Rodrigues (Garfield) e Padre Garupe (Driver), due missionari alla ricerca della loro strada e del loro mentore, Padre Ferreira. Andati in Giappone con lo scopo di radicare i principi del cristianesimo ben presto faranno i conti con la ferocia dello shogunato e conosceranno il dolore e la sofferenza sulla pelle di chi amano di più.

Martin Scorsese ci accompagna per mano in un viaggio fatto di speranza e disperazione, di fede e redenzione. L’intera trama del film vive in stato simbiotico con gli avvenimenti della Bibbia, ogni personaggio all’interno del film ha un suo pari nel mondo cristiano. Kichiijiro ricorda in qualche modo Giuda Escariota, debole e insicuro di se stesso, pronto al pentimento e alla ricaduta nel peccato. I martiri cristiani, torturati con le più disparate forme di martirio sono l’emblema di come il germoglio della fede cristiana risieda proprio nel sangue dei suoi vinti. Non basta più la semplice abiura di un adepto, ma chi deve cadere nella perdizione spirituale è il padre del gruppo (in questo caso Padre Rodrigues).

L’interpretazione di Adam Driver e di Adrew Garfield è profonda e toccante, l’espressività del secondo è totalmente coinvolgente. Lo spettatore vive sulla sua pelle il martirio e la sofferenza del padre cristiano, un ruolo vero e sinuoso anche quello di Liam Neeson, Padre Ferreira è l’esempio del cattolico moderno che fa della necessità virtù, della sapienza un dono del quale a volte è meglio non usufruire e della scaltrezza un mantra divino e reale. Padre Rodrigues rappresenta in sé l’estremismo e il radicalismo cattolico quasi ossessivo, la sua passione per Cristo è trascinante ma, nel suo caso, deve scegliere l’amore per l’Altissimo o l’amore per i suoi figli (in riferimento ai cristiani).
La sceneggiatura getta solide basi artistiche su un libro particolarmente denso, a tratti un po’ gonfio. Il merito di Scorsese e Coks è quello di aver generato uno scritto mirabile, a tratti poetico, dove i dialoghi non sono mai scattanti, ma puri e melodiosi. Le voci fuoricampo e la narrazione della vicenda rendono il tutto decisamente coinvolgente e l’immagine del Cristo che si “mimetizza” con il volto di Garfield è poesia, oltre che una piacevole configurazione artistica nel film.

La ciliegina sulla torta però è l’apparato registico e artistico coadiuvato da Martin Scorsese. Una ricca serie di immagini, fotografie, memorandum, lezioni di vita e audaci dimostrazioni di prosa stilistica che solo un genio del cinema come lui può mostrare. L’opera, perché di tale fattezza si può definire il lavoro di Scorsese, è mirabilmente adornata da un colonna sonora basata su melodie popolari, canti cristiani e… il silenzio. La dote più bella del film è proprio questa: far vivere allo spettatore diverse scene in totale sintonia con l’immagine, quasi stessimo ammirando un dipinto. E fidatevi che spesso non c’è accompagnamento più bello del silenzio.

Silence è un monumento al cinema, un film che non ha bisogno di critiche, una magnificenza senza tempo (e nello stesso tempo di un’attualità sconvolgente), un punto dal quale partire per radicare le fondamenta di una nuova storia. Silence è la forza di un pensiero, la voglia di essere liberi, aspettando, chissà… la fede, in silenzio.

Fonte: Cinematographe.it

Approfondimento:
Antonio Spadaro intervista  Martin Scorsese. «Silence», un viaggio dentro la violenza e la grazia |Ciberteologia.it

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