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La suora dalla matita blu sfida la sindacalista rossa

D’accordo, c’è il gender, di cui è invasata cultrice; e c’è quella “bagatella” della sua falsa laurea, che l’ha fatta partire in handicap fin da subito. Ma il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli deve farsi perdonare anche un’altra scappatella: quella della sua estrazione sindacal-comunista, che la proietta come, almeno sulla carta, una fervida paladina del “più Stato e meno privato”. Gli steccati e le ideologie sono caduti da un bel po’, ma in certi ambienti, e il sindacato Cgil è uno tra questi, faticano di più a staccarsi definitivamente dall’albero delle incrostazioni nazionali.

Ed è per questo che il vero motivo per cui la Fedeli è ai nastri di partenza un ministro fortemente a rischio è questo: il terreno della libertà di educazione, vero banco di prova in cui si misura una democrazia. Vera cartina al tornasole di un Paese che vuole lasciare gli ormeggi della mediocrità e dell’assistenzialismo di Stato che produce solo improduttività e frutti scadenti.

Saprà la Fedeli, che viene dal sindacato rosso dei tessili, dare una svolta in chiave sussidiaria al sistema scuola italiano, dopo le ambiguità del governo Renzi, che a parole ha mostrato volontà di cambiare, ma nei fatti si è dimostrato il solito, inconcludente governicchio?

Come diceva don Luigi Sturzo: “Finché gli italiani non vinceranno la battaglia delle libertà scolastiche in tutti i gradi e in tutte le forme, resteranno sempre servi”. Si potrebbe aggiungere anche don Luigi Giussani e il suo celebre: “Mandateci in giro nudi, ma lasciateci liberi di educare”. La storia d’Italia è piena zeppa di religiosi che si sono rimboccati le maniche per affrontare il tema educativo nell’alveo del sistema scolastico. E non fa eccezione ai giorni nostri il ruolo svolto, con una tenacia singolare per una suora minuta e apparentemente “dimessa”, da suor Anna Monia Alfieri, presidente della Fidae Lombardia (Federazione Istituti di Attività Educative) che conduce la battaglia della libertà di educazione non con la fissa della scuola cattolica, ma con quella dello studente al centro in una scuola di qualità, sia statale che privata. Ma pur sempre pubblica.

Nella chiacchierata con la Nuova BQ alla vigilia dell’inizio dell’attività politica del ministro Fedeli, che non lascerà la poltrona per la questione della laurea “tarocca”, suor Anna Monia dice di voler sfidare Valeria la rossa proprio su un terreno dove l’ex cigiellina sembra essere più vulnerabile: quello della sussidiarietà.

Una sfida, suor Anna?

Una sfida, sì. A viso aperto. Il governo Renzi si è chiuso con dichiarazioni di principio culturali con molte compagini dell’esecutivo che rivendicavano di aver fatto molto per l’educazione. Vediamo se il cambio di inquilino in viale Trastevere andrà in questo senso. Nei fatti, oltre che nelle parole.

E’ così? Il passato Governo ha fatto tanto per la libertà di educazione?

A parole sì, tantissimo. Ha stabilito dei principi importanti, come quello dello studente al centro, che adesso è accettato anche in tutto il mondo cattolico, ma nei fatti purtroppo no. Non è seguito nulla, anzi possiamo dire che, dati alla mano, la situazione della parità è peggiorata.

Adesso è chiamata la Fedeli. Come la vede?

Non importa come la vedo io adesso, ma come sarà lei al termine di questa esperienza ministeriale. Io la sfiderò su tre punti.

Primo.

Basta manfrine: dire che lo studente deve essere al centro, come hanno detto i suoi predecessori, non basta. Bisogna realizzarlo.

Capisco l’afflato, ma guardi che nelle sue prime dichiarazioni la Fedeli ha parlato di “mettere al centro l’insegnante” più qualche vago riferimento ai ragazzi e i giovani.

Lo studente non è vagamente giovane o ragazzo. Dire che lo studente è al centro vuol dire riconoscere che lo studente è soggetto di diritto, quindi è soggetto debole che va tutelato. Il diritto serve per turale il debole perché il sovrano ha la spada, non ha bisogno di diritto.

Secondo.

Sono i genitori che hanno la responsabilità educativa sui figli per il semplice fatto che li hanno messi al mondo e lo dice l’articolo 30 della Costituzione e l’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, 3 comma

Terzo.

Se la famiglia ha la responsabilità educativa ha bisogno di un pluralismo educativo che si deve giocare nella scuola pubblica. La Fedeli avrà chiaro che pubblico significa “pro populo” a prescindere da chi è soggetto gestore?

Sono popolo anche le famiglie che iscrivono i figli alla scuola pubblica non statale?

Certo che lo sono! In Italia si fatica a comprenderlo. Infatti siamo al 47esimo posto al mondo in termini di libertà educativa. A Mosca e nella laica Francia si sceglie, in Italia no violando la Costituzione e allontanandosi dalla commissione degli stati membri Ue che ha detto: rivedete il piano di finanziamento delle vostre scuole.

Questo non lo dicono mai quando si parla di Europa. Però lei con il passato governo Renzi non è stata durissima. La Giannini l’ha salvata, dica la verità.

Riconosco alla Giannini di aver avuto una visione in linea con le nostre sensibilità per quanto riguarda la parità, così come ha avuto il coraggio di invertire la rotta sul principio dei diplomifici, ma…

Ma…?

Ma anche lei caduta sotto il bombardamento dei compromessi politici gravissimi sotto la pressione dell’ansia elettorale. Si è iniziato a fare accordi sindacali, così la Buona scuola non è più fatta dai buoni docenti, ma volge verso l’ammortizzatore sociale. Sono stati inseriti 100 mila docenti per esaurire le graduatorie e abbiamo così messo una croce sul principio fondante della buona scuola fatta da buoni docenti.

Con conseguenze patetiche, però. Al nord si sono svuotate le cattedre…

Per forza. Giustamente i docenti hanno preso cattedre per tornare al sud. Senza dimenticare che questo ha causato un impoverimento del sistema di sostegno per i portatori di handicap. Ancor oggi ci sono sordomuti senza assistenza. Insomma, io credo che il principio positivo sia stato tradito. E non c’è dubbio che questa sia una responsabilità politica del governo Renzi. E’ per questo che la Fedeli non deve più compiere questo errore.

Sarà dura. Ha parlato di accordi sindacali e adesso il ministro è diventata la sindacalista. In pratica la controparte.

La mia sfida parte dal presupposto che concedo all’“avversario” la buona fede delle sue intenzioni e la volontà di lasciarsi cambiare. Ma è chiaro che la Fedeli resta una sorvegliata speciale sul tema della libertà di educare.

Lei parla di studente al centro. E le famiglie?

E’ il secondo errore compiuto dal precedente governo. La famiglia oggi in Italia non esercita la libertà di scelta educativa. I fatti parlano di una detrazione fiscale di 76 euro a fronte di una scuola pubblica paritaria che fa risparmiare 6 miliardi allo Stato. In questi anni abbiamo scontentato tutti perché non abbiamo messo lo studente al centro, ma abbiamo usato il docente come ammortizzatore sociale. Ecco dove sono andati buttati i tre miliardi di cui parla il Governo. Le detrazioni fiscali che sono una cifra irrisoria, non spostano la libertà di scelta per la famiglia, ma di fatto la scuola paritaria ha perso 100mila studenti.

Che cosa bisogna fare e non si è fatto?

Favorire un processo di autonomia della scuola statale, di leadership dei dirigenti con la capacità di scegliersi dei buoni insegnanti, innescare valutazione e meritocrazia sui docenti, ma soprattutto attuare il processo del costo standard di sostenibilità.

E’ la sua proposta politica, anche la Giannini lo sosteneva. A parole però.

Vero, ma è anche vero che in Italia dobbiamo partire da lontano e anche le parole sono utili perché servono a cambiare un clima culturale radicale e radicato. Però mi lasci dire che quella del costo standard di sostenibilità è l’unica proposta sul campo oggi in Italia. E lo consegno come sfida alla Fedeli visto che venendo dal mondo tessile, questo l’ha capito, sennò moriva in fretta. Quindi le chiedo Fedeli: ministro, lei ha a cuore lo studente italiano? È disposta a mettere in cattedra i migliori docenti? E’ disposta ad applicare le leve della meritocrazia della sana concorrenza tra la scuola pubblica statale e la pubblica paritaria sotto lo sguardo garante dello Stato?

Si sta rivolgendo a un ministro che ha fatto il sindacalista per una vita…

In viale Trastevere non è chiamata a fare la sindacalista, le chiedo l’onestà intellettuale di porsi al servizio della societas. Non voglio pensare che la sua storia di sindacalista la impedisca su questo. Vorrei sfidarla in positivo. Ma deve sapere se non lo sa che oggi abbiamo la più grande ingiustizia del secolo: dopo aver pagato le tasse non posso scegliermi la scuola, mentre posso scegliere di andare a curarmi al San Raffaele pagando il ticket. Questo ha creato la scuola classista attuale.

Ce la farà?

E’ l’unica strada da percorrere, se non lo farà vorrà dire che dovrà ammettere che in Italia la scelta educativa esiste solo per chi può pagare due volte e che l’unica scuola che lo Stato riconosca è quella di Stato, quindi di regime.4

Fonte: LaNuovaBQ.it

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