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Francesco si inchina ai martiri dell’Albania

Papa Francesco ha reso omaggio all’Angelus ai trentotto martiri albanesi proclamati beati ieri a Scutari: “Due vescovi, numerosi sacerdoti e religiosi, un seminarista e alcuni laici, vittime della durissima persecuzione del regime ateo che dominò a lungo in quel Paese nel secolo scorso”. “Essi – ha ricordato – preferirono subire il carcere, le torture e infine la morte, pur di rimanere fedeli a Cristo e alla Chiesa. Il loro esempio ci aiuti a trovare nel Signore la forza che sostiene nei momenti di difficoltà e che ispira atteggiamenti di bontà, di perdono e di pace”.

Il rito, nella cattedrale di Santo Stefano a Scutari, è stato presideduto, in qualità di rappresentante del Santo Padre, dal prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il cardinale Angelo Amato. Al rito ha partecipato ieri anche don Ernest Simoni, il sacerdote ex internato nei campi di prigionia albanesi, dove ha passato ventotto anni di prigioni, che Papa Francesco considera “martire” anche se ancora in vita, e al quale per questo ha conferito il cardinalato (riceverà la porpora in San Pietro nel Concistoro del prossimo 19 novembre). Bergoglio, commosso, lo aveva abbracciato il 21 settembre 2014 a Tirana, dopo aver ascoltato la storia della sua persecuzione durata undicimila giorni, durante i quali don Ernest è stato sottoposto a torture e lavori forzati. “Documenti storici – ha commentato monsignor Marcello Semeraro, membro del dicastero vaticano – dimostrano con certezza che per tutti la morte avvenne per ‘odium fidei’: 20 furono fucilati e i loro corpi lasciati alle intemperie senza sepoltura e 18 in conseguenza delle torture e persecuzioni. Non mancò nulla di quanto di diabolico può concepire la mente umana. La madre di un prete implorò i carnefici: ‘uccidetemelo, vi pago i proiettili, ma non fatelo soffrire ancora’.

Tutti i martiri dimostrarono una eccezionale fermezza d’animo, in questa Via Crucis lunga e straziante, fatta di indicibili tormenti: la corrente elettrica, il sale nella bocca, la testa nell’acqua gelata per giorni. E infatti nessuno di loro accettò di staccarsi dalla Santa Sede per mettere fine a quei tormenti, come gli veniva suggerito dagli aguzzini”. Secondo il vescovo di Albano e segretario del “C9”, l’organismo cardinalizio che aiuta Papa Francesco a riformare la Curia e nel governo della Chiesa Universale, “fino a quando non si è concluso questo processo non avevamo un’idea precisa di quel che è accaduto in Albania dove si è superata l’efferetezza del nazismo e dello stalinismo. è stata una mente diabolica a partorire tutto questo” Monsignor Semeraro ha raccontato di “aver potuto seguire dopo la liberazione del 1991 i primi passi della Chiesa di Scutari per ricostruire la vicenda dei martiri dell’Albania”. “Come vescovo di Oria – ha spiegato il presule – avevo avviato rapporti di fraternità e aiuto inviando sacerdoti anche per impiantare e condurre a termine quella ricerca, materiale preparato per processo canonizzazione. E il racconto che ne è scaturito, la ‘positio’ della causa sulla base della quale il Papa ha preso la decisione di proclamarli beati, lascia senza fiato: tra le grandi persecuzioni anticristiane del secolo passato, quella di Albania è stata la piu’ dura e atroce. Abbiamo già figure martiriali che fanno riferimento alle persecuzioni dei nazisti, e a quelle spagnola e messicana”.

Fonte: FarodiRoma

 

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