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Aborto e obiezione di coscienza: le regole sono molto chiare

Le regole per l’interruzione volontaria di gravidanza e l’obiezione di coscienza sono contenute nella legge 194, che su entrambi i punti è molto chiara.

Se le circostanze per cui è possibile farne richiesta nei primi 90 giorni (art. 4) sono molte (si va dal «serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna» fino alle sue condizioni economiche e sociali, di cui comunque andrebbe sempre verificata e tentata la possibile soluzione), nel secondo trimestre (il cosiddetto aborto terapeutico) si riducono a due (art. 6): «quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna» o «quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna». L’obiezione di coscienza è invece oggetto dell’articolo 9 della legge: «Deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario», «esonera il personale dalle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento» e «non può mai essere invocata quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo».

Fonte: Avvenire

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