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Jihadisti vinti solo dall’amore dei cristiani

Mentre si parla della necessità di costruire ponti e non alzare muri, spesso secondo la contrapposizione poco cristiana dell’aut aut, in Medio Oriente è accaduto un fatto che dimostra che la logica con cui affrontare la violenza dei tempi non è una nuova strategia, ma un fatto vecchio 2000 anni.

Appena una settimana dopo la liberazione di Falluja dall’Isis, un’organizzazione no profit di volontariato con sede in Iraq, la Preemptive Love Coalition (Plc), ha visitato i compound che hanno raccolto quanti sono fuggiti dalla città per portare loro cibo e acqua. In uno di questi, però, erano detenuti anche alcuni membri dell’Isis catturati dai soldati iracheni e a cui la Pcl ha voluto fornire comunque i viveri. Il motivo, ha chiarito il fondatore dell’organizzazione, Mattehw Willingham, è che «amare significa recarsi in posti difficili». E ha esemplificato spiegando che fra i volontari c’era un uomo di nome Sadiq che, dando da mangiare a un jihadista, ha riconosciuto il volto di uno degli assassini di un suo caro amico apparso in un video di propaganda dell’Isis.

Sebbene colpito, Sadiq non solo non si è tirato indietro, ma dando da mangiare all’aguzzino gli ha detto: «Tu hai ucciso il mio amico, ma io sono venuto qui a darti da mangiare». Intanto, tutti i volontari proseguivano sfamando a uno a uno i prigionieri. Di fronte alla scena, sui volti di alcuni detenuti sono cominciate a scendere le lacrime. «Erano sopraffatti». E alcuni di loro «con un profondo senso di colpa» hanno poi chiesto perdono: «Continuavano a dire: “Perdono, perdono, perdono”». I leader iracheni, con cui la Plc è in contatto, avevano spronato Willingham a fare attenzione, mentre venivano accusati da altri di buonismo, sebbene l’uomo abbia chiaro che la misericordia non è alternativa alla giustizia e sebbene non sia affatto uno sprovveduto. «Siamo sempre stati attenti» e «non vogliamo essere rapiti, né vogliamo saltare in aria o essere torturati».

La Plc è però convinta che l’Isis vada fermato e che non il dialogo ma solo «la luce può far uscire dalle tenebre», perché «l’amore è la vera risposta all’odio». Solo l’amore, ha continuato Willingham, «ha il potere di condannare». Poi senza eufemismi ha chiamato i jihadisti «nemici», ricordando che Cristo ha chiesto di amarli e non di convincerli: «Così è l’amore di Cristo, che giunge fino ai suoi nemici. Non persone con cui era in disaccordo, ma nemici». Molti dei quali, secondo la Plc, sarebbero semplici musulmani, che un tempo convivevano pacificamente con i cristiani, ma che hanno deciso di collaborare con gli islamisti anche per sfamare le proprie famiglie.

Quando nel 2006 Willingham partì dagli Usa, lasciando tutto insieme alla sua famiglia per soccorrere le vittime della guerra irachena, non avrebbe mai pensato di incontrare i terroristi e nemmeno di trovarsi di fronte «alle fosse comuni, ai vestiti sparsi in giro per la campagna dove la gente è stata uccisa dall’Isis mentre fuggiva». A maggior ragione, però, insieme ai membri della Plc (pur priva di una particolare affiliazione religiosa), «vogliamo vedere cosa accade quando si prendono seriamente le parole di Gesù, quando dice: “Seguitemi” e “Beato chi sarà perseguitato”».

Se dunque è vero che i tempi cambiano e si fanno sempre più duri, la logica cristiana resterà sempre la stessa: non si chiama compromesso, non si chiama accordo. E non si preoccupa di una nuova strategia né di un complicato dialogo ecumenico che mira utopicamente a preservare degli spazi di sopravvivenza. È invece semplice e si chiama Vangelo. Quello che ancora ha il coraggio di ricordare che esistono dei nemici, a cui si può rispondere solo offendo Cristo, con la logica folle del martirio e dell’amore sacrificale.

Fonte: LaNuovaBQ

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