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Perché non si recita più la preghiera a San Michele Arcangelo?

L’invocazione dopo la messa, voluta da Leone XIII per tenere lontani i demoni, è stata abolita dopo il Concilio. Una scelta non condivisa da San Pio e Giovanni Paolo II…

Perché oggi non si recita più alla fine della santa messa la preghiera a San Michele Arcangelo? Perché questa invocazione, ufficialmente istituita nel 1886, è scomparsa?

Lo abbiamo chiesto ad uno dei massimi studiosi di angeli ed in particolare dell’Arcangelo Michele, Don Marcello Stanzione. «Il 20 febbraio 1878 – spiega Don Marcello – al termine di un conclave durato solo 36 ore il cardinale Gioacchino Pecci fu eletto papa e prese il nome di Leone XIII ( 1810-1903). Molte persone, oggi anziane, ricordano che, prima della Riforma liturgica del Concilio Vaticano II, il celebrante ed i fedeli si mettevano in ginocchio, alla fine di ogni messa, per recitare una preghiera alla Madonna ed una al Principe degli Angeli, scritta dal papa Leone XIII, che diceva:

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, contro le malvagità e le insidie del demonio sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, Principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime”.

LA VISIONE DI LEONE XIII

Uno dei segretari di Leone XIII, il padre Domenico Penchenino scrisse sull’origine di tale preghiera a San Michele: «Non ricordo l’anno preciso. Il mattino del 13 ottobre 1884 il grande pontefice Leone XIII aveva celebrato la Santa Messa e stava assistendone ad un’altra di ringraziamento, come al solito. Ad un tratto lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare intensamente qualche cosa, al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza batter palpebre, ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colori e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande, avveniva in lui. Finalmente, come rinvenendo in sé, dando un leggero ma energico tocco di mano, si alza. Lo si vede avviarsi verso il suo studio privato. I familiari lo seguono con premura e ansiosi gli dicono sommessamente: Santo Padre, non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa? Risponde: “Niente, niente”. Dopo una mezz’ora fa chiamare il segretario della Congregazione dei Riti e, porgendogli un foglio, gli ingiunge di farlo stampare e di farlo avere a tutti gli Ordinari del mondo. Che cosa conteneva? La preghiera che recitiamo al termine della invocazione al Principe delle milizie celesti, implorando Dio che ricacci Satana all’inferno».

I DEMONI

Il cardinale Nasalli Rocca, a tal riguardo, testimoniò: «Leone XIII scrisse egli stesso quella preghiera. La frase “i demoni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime” ha una spiegazione storica, a noi più volte riferita dal suo segretario particolare, mons. Rinaldo Angeli. Leone ebbe veramente la visione degli spiriti infernali che si addensavano sulla Città Eterna, e da quella esperienza venne la preghiera che volle far recitare in tutta la Chiesa. Non solo, ma scrisse di sua mano uno speciale esorcismo contenuto nel Rituale Romano. Questi esorcismi, egli raccomandava ai vescovi e ai sacerdoti di recitarli spesso nelle loro diocesi e parrocchie. Egli lo recitava spessissimo durante il giorno».

LA SCELTA DI SAN PIO

«E’ triste dover constatare – afferma Don Marcello – che proprio oggi, nel primo decennio del terzo Millennio, in un tempo in cui è più che mai urgente fare appello all’Arcangelo Michele in difesa della Chiesa contro i nemici diabolici all’interno o all’esterno di essa, vi è un grande decadimento della devozione a San Michele. Tale preghiera fu recitata obbligatoriamente fino al 26 settembre 1964 quando sotto il pontificato di Paolo VI con l’istruzione “Inter oecumenici” n. 48§1 che decretò che le “preghiere leoniane sono soppresse”. Tale decisione non fu affatto condivisa da San Pio da Pietrelcina che fino alla sua morte nel 1968 continuò a recitarla tranquillamente».

L’APPELLO DI WOJYTYLA

Nel 1987 San Giovanni Paolo II, in visita al santuario di San Michele Arcangelo, sul monte Gargano, ebbe a dire: «Questa lotta contro il demonio, che contraddistingue la figura dell’Arcangelo Michele, è attuale anche oggi, perché il demonio è tuttora vivo e operante nel mondo. In questa lotta, l’Arcangelo Michele è a fianco della Chiesa per difenderla contro le tentazioni del secolo, per aiutare i credenti a resistere al demonio che come leone ruggente va in giro cercando chi divorare».

Nel 1994, il Papa polacco ebbe a dire, riguardo alla famosa preghiera a San Michele: «Anche se oggi questa preghiera non viene più recitata al termine della celebrazione eucaristica, invito tutti a non dimenticarla, ma a recitarla per ottenere di essere aiutati nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo».

LE LETTERE A BENEDETTO

L’associazione cattolica “Milizia di San Michele Arcangelo”, che ha la sua sede centrale presso la parrocchia di Santa Maria la Nova nel comune di Campagna in provincia e diocesi di Salerno, animata dallo stesso Don Marcello, negli ultimi anni ha spedito migliaia di cartoline al Santo Padre Benedetto XVI chiedendo al papa oggi emerito di indire un anno in tutta la Chiesa, in onore di San Michele e di rimettere in obbligo di nuovo dopo la Santa Messa l’invocazione di papa Leone XIII all’Arcangelo.

«Quando poi papa Benedetto ripristinò la messa in antico rito – sottolinea lo studioso di angeli – smettemmo di spedire cartoline perché in quella messa resa accessibile a tutti era compresa la preghiera all’arcangelo al termine del santo sacrificio eucaristico».

LA SCELTA DEL LORETO

Don Marcello rivela che «il compianto arcivescovo Gianni Danzi, prelato del Santuario di Loreto aveva rimesso in obbligo la recita di tale preghiera alla fine di tutte le sante Messe celebrate nell’importante santuario mariano. Questo significa che ogni vescovo diocesano se lo volesse tramite decreto potrebbe fare la stessa cosa per il territorio della sua Chiesa particolare. Comunque sono sempre più numerosi i sacerdoti che dopo la messa la recitano o da soli in sacristia oppure con i loro fedeli al termine della Messa».

E PAPA FRANCESCO…

Papa Francesco, infine, ha rimesso nel canone eucaristico la citazione di San Giuseppe, sposo di Maria, che insieme a san Michele è patrono della santa Chiesa Cattolica. «Bergoglio da gesuita in Argentina è stato rettore del collegio San Miguel e quindi si presume che sia pure devoto all’arcangelo. Chissà – chiosa Don Marcello – se magari leggesse quest’articolo…».

Fonte: Aleteia.org

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