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C’era una volta la poesia per la festa della mamma. (Una fiaba per mia figlia)

la madre

 

“C’era una volta una bambina che andava alla scuola elementare e aveva una bravissima maestra di italiano che ogni mattina faceva recitare la preghiera a tutta la classe, faceva riempire quaderni e quaderni di analisi logica e grammaticale, dava per compito un tema a settimana e faceva imparare a memoria tante tante bellissime poesie.

Un giorno, in occasione della festa della mamma, la maestra diede ai suoi bambini questa poesia, scritta da un famosissimo poeta di nome Giuseppe Ungaretti. Naturalmente, come sempre faceva, la maestra spiegò ai bambini il significato della poesia, ma la bambina la trovò un po’ triste e, il giorno della festa della mamma, non volle recitarla perché le veniva da piangere.

Poi la bambina crebbe, andò alle scuole medie, alle scuole superiori e poi all’Università, ma tra tutte le cose che imparò moltissime le dimenticò subito, mentre  le rimasero sempre in mente le poesie e gli insegnamenti ricevuti da quella bravissima maestra.

Quella bambina diventò donna e si sposò ed ebbe a sua volta una bambina. E arrivò anche per lei il momento di festeggiare la festa della mamma. E allora le tornò in mente quella poesia “triste” e pensò: ‘chi sa se oggi c’è ancora, in qualche scuola, una maestra che fa imparare a memoria della poesie e, specialmente, delle poesie come questa? E chi sa se la mia bambina, quando andrà a scuola, mi reciterà della poesie così belle?’

Perché quella poesia, che da bambina non era stata in grado di capire fino in fondo, oggi, da madre, aveva per lei più di un importante significato e la faceva riflettere su delle questioni molto importanti.

La mamma non era così sicura che da qualche parte, in Italia, ce ne fossero ancora di maestre così brave e di poesie del genere imparate a memoria. Perché davvero molte cose erano cambiate da quando lei era bambina e le poteva vedere tutte, proprio in quella poesia.

Prima di tutto quella poesia parlava di morte e la morte, in quel momento storico, era l’ ”innominabile”.

Di morte non si poteva parlare. La morte non poteva occupare i pensieri dell’uomo, che, sempre più alla ricerca di benessere materiale, non aveva tempo nè voglia di guardare alla fine e al fine della sua esistenza.

Di morte non si poteva morire.

E poi, in quella poesia, c’era il concetto di una vita dopo la morte e di un luogo dell’Aldilà ottenuto come premio per una vita retta. Nessuno voleva accettare che la vera Vita non era questa, ma quella dopo la morte, che è una vita eterna e che il nostro destino eterno (beatitudine o dannazione) ce lo costruiamo qui, sulla terra. E infatti quella poesia parlava anche di perdono, ma la gente non sapeva più quale fosse il significato di quella parola, perché aveva dimenticato anche cosa volesse dire peccato.

E, infine, in quella poesia, era descritta una madre. Una madre come tutte le madri avrebbero dovuto essere, come anche lei avrebbe voluto essere. Perché era una madre silenziosa, forte, umile, che, sia in vita che in morte, aveva avuto un unico desiderio: la salvezza eterna del figlio. E aveva pregato per questo. Aveva pregato quand’era viva e interceduto da morta e, solo quando ebbe ottenuto il Perdono di Dio per il figlio,  riuscì a guardarlo negli occhi. E anche in quel caso non si mise  a gridare di gioia e a fare capriole, non si scompose: ebbe negli  occhi un rapido sospiro. Aveva portato a termine con successo la missione che Dio gli aveva dato: salvare l’anima  del figlio.

La mamma si mise a riflettere, allora, su quali fossero i desideri delle mamme per i propri figli: la salute, che avessero la possibilità di studiare, che indossassero abiti belli e possibilmente alla moda e firmati, che avessero un buon lavoro. Senz’altro tutte cose buone; ma c’era il BENE e c’era  il MEGLIO. E la mamma pensava che il meglio per sua figlia fosse che prima di tutto il resto, lei potesse conoscere e amare Gesù, perché solo questo le avrebbe dato la felicità. Niente altro. E del resto quello stesso Gesù un giorno aveva detto: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.

Ma quello era il tempo in cui nessuno credeva che il MEGLIO fosse conoscere Gesù, perché in effetti non c’era nessuno che lo conoscesse.  Quello era il tempo in cui le parole: Dio, Gesù, peccato, demonio, Inferno, Paradiso, erano roba da preti e in nessun modo potevano far parte della vita concreta delle persone.

Quello era il tempo in cui, se in una scuola una maestra avesse osato proporre una poesia del genere ai suoi alunni, sarebbe stata come minimo richiamata all’ordine, perché parlando di eternità avrebbe offeso i non credenti, parlando del Signore avrebbe offeso i musulmani e parlando di madre avrebbe offeso chi, nella nuova modernissima evoluzione del concetto di famiglia, aveva il genitore 1 e il genitore 2.”

 

Tutto questo, piccola mia, per spiegarti che viviamo in tempi molto difficili e che per noi, per me e per tuo padre, sarà molto dura combattere con il mondo per raggiungere il nostro obiettivo: trasmetterti la Fede. Ma ce la metteremo tutta, te lo prometto.

Perciò spero di non doverti mai chiedere perdono ( a te e a Dio) per non essere stata in grado di adempiere al compito che mi è stato affidato e che io ho accettato nel momento in cui ho chiesto per te il Battesimo.

E sappi  che l’unica cosa che mi renderà orgogliosa di te, più di una laurea, più dei successi e di tutti i titoli e gli onori di cui potrai fregiarti davanti al mondo, l’unica cosa sarà vederti vivere con convinzione quella frase… quella frase che io e tuo padre abbiamo scelto per la bomboniera del tuo Battesimo e che nella Bibbia viene pronunciata da una bellissima regina, di cui tu porti il nome:

“ Non mi prostrerò mai davanti a nessuno se non davanti a Te che sei il mio Signore”.

Fonte: CostanzaMiriano.com

 

 

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