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Nazioni Unite, una coalizione per la famiglia

Promossa da una serie di associazioni e fondazioni, la coalizione ha il compito di difendere la famiglia naturale

Una coalizione per la famiglia. Contro la minaccia internazionale, una serie di organizzazioni da tutto il mondo si sono unite con lo scopo di contrastare le derive degli organismi internazionali.
Con una dichiarazione comune, il gruppo – guidato dalla ONG cattolica C-Fam, che include tra gli altri anche la Fondazione italiana Novae Terrae – sottolinea che “la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e strumenti internazionali vincolanti riservano protezioni singolari per la famiglia e riconoscono il suo ruolo insostituibile come l’ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei bambini.”
Si legge ancora nella dichiarazione: “Le azioni tra individui dello stesso sesso e altre forme di convivenza sociale e giuridica non sono né equivalenti né analoghi alla famiglia e non hanno diritto alle protezioni singolari riservate alla famiglia dal diritto e dalla politica internazionale“, si legge negli articoli del documento.
Il nome della coalizione è “Società Civile per la Famiglia”, ed è la prima che si impegna in modo esplicito alle Nazioni Unite per difendere la famiglia, rispondendo ai tentativi di ridefinire la famiglia che sono arrivati in molte risoluzioni”.
La piattaforma spiega come “la pressione di concedere lo status internazionale e il riconoscimento agli accordi sociali e legali tra individui dello stesso sesso nel contesto delle Nazioni Unite” abbia “portato alla confusione e accresciuto le divisioni nei negoziati internazionali sul tema della famiglia. Purtroppo, questa situiazione ha portato all’esclusione del tema e del valore della famiglia dai recenti dibattiti in seno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.”
Secondo i promotori della coalizione, i numerosi tentativi di organismi legati o parte delle Nazioni Unite di introdutte la sostanziale parità tra famiglia e unioni LGBTI e di includere l’ideologia gender attraverso decisioni ‘amministrative’, non possono in nessun caso “dar luogo a obblighi vincolanti per gli Stati sovrani.”

 

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