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DA FILADELFIA GRANDI SPERANZE PER I BAMBINI (E GLI ADULTI) CEREBROLESI: E’ LA FAMIGLIA LA GRANDE RISORSA

Janet Doman, è CEO degli “Institutes for the achievement of Human Potential” che, da sessant’anni, lavorano a Filadelfia ottenendo straordinari risultati nella riabilitazione delle cerebrolesioni (dalla nascita o acquisite).

 

La parola “cerebroleso” evoca una situazione terribile che, normalmente, viene considerata sinonimo di ritardo mentale. Invece voi affermate che non c’è nessun rapporto fra una lesione cerebrale e l’intelligenza. Perché?

Non vi è alcuna correlazione tra lesione cerebrale e intelligenza. È possibile essere cerebrolesi e molto intelligenti, così come è possibile non essere cerebrolesi ed essere intellettivamente limitati. Vi è una forte correlazione tra lesione cerebrale e la capacità di esprimere l’intelligenza. Le persone cerebrolese molto spesso non sono in grado di parlare o emettere suoni, oppure parlano molto male o quando lo fanno dicono cose che non hanno senso. Proprio per questo si pensa che non parlino perché non sono abbastanza intelligenti da avere qualcosa da dire, o quando parlano male o dicono cose che noi non comprendiamo, ciò significa automaticamente che hanno una scarsa capacità di ragionamento oppure non capiscono. In moltissimi casi invece queste persone hanno una perfetta comprensione, ma scarse capacità di esprimere la propria intelligenza perché hanno seri problemi respiratori e quindi non riescono a respirare abbastanza bene da parlare o hanno gravi problemi uditivi e non riescono a tirare fuori le parole di cui hanno bisogno e che vogliono usare. Come potrà immaginare, ciò crea un’enorme frustrazione in queste persone, perché vengono trattate come se fossero stupide.

A Filadelfia riabilitate bambini con cerebrolesioni e parallelamente avete istituti scolastici dove si sviluppano al massimo le potenzialità intellettive degli studenti. C’è un legame fra le due cose? Il bambini che il mondo considera “ritardati” hanno le stesse potenzialità di coloro che vengono considerati “geni”?

 

La risposta è “sì”. Un esempio: molti anni fa abbiamo trattato un bambino gravemente leso nel mesencefalo. Si trattava di un caso molto difficile: non era in grado di gattonare, né di camminare, né riusciva ad usare bene le mani. Abbiamo insegnato ai suoi genitori come creare a casa un ambiente intellettivamente stimolante e ricco. I genitori hanno lavorato duramente per anni. Oggi quel bambino cammina, parla e usa le mani, ma soprattutto, è diventato un importantissimo matematico e professore in una delle più antiche università europee. Non è mai stato un solo giorno a scuola fino a quando non ha frequentato l’università, da adulto. Negli anni abbiamo visto migliaia di bambini cerebrolesi dalle qualità intellettive decisamente molto superiori a quelle dei loro coetanei. Nella nostra esperienza, quando un bambino leso è avanti intellettivamente, la lacuna rispetto a un bambino medio si farà sempre più grande se non facciamo qualcosa. Tale è la superiorità del bambino leso quando gli vengono fornite le giuste stimolazioni e opportunità. Abbiamo orrendamente sottovalutato il potenziale intellettivo di tutti i bambini, ma soprattutto di quelli cerebrolesi.

Da voi arrivano bambini per i quali la medicina ritiene che non ci sia nessuna prospettiva di guarigione. Ma voi in tutti i diversi ambiti ottenete risultati straordinari. Potrebbe ricordare alcuni dati?

Noi registriamo i cambiamenti neurologici significativi dal momento in cui il bambino inizia a fare il nostro programma. Questi sono alcuni dei risultati raggiunti dai bambini che abbiamo seguito dal 1998 al 2015, quindi alcuni di loro stanno ancora facendo il programma e potranno ottenere nuove vittorie: dei 390 bambini che erano ciechi, 326 (l’83%) hanno visto per la prima volta nella loro vita; dei 162 bambini che erano sordi, 137 (l’84%) hanno udito per la prima volta nella loro vita; dei 589 bambini che non erano in grado di camminare, 306 (il 52%) hanno iniziato a camminare senza aiuto per la prima volta nella loro vita; Dei 684 bambini capaci di camminare ma non di correre, 354 (il 51%) hanno imparato a correre per la prima volta; Dei 1710 bambini che erano incapaci di leggere, 1661 (il 97%) hanno letto per la prima volta; Dei 1414 bambini che non erano in grado di parlare, 591 (il 41%) hanno parlato per la prima volta nella loro vita; Dei 766 bambini che non erano capaci di scrivere, 194 (il 25%) hanno scritto per la prima volta nella loro vita.

Perché, se voi ottenete questi risultati straordinari, le altre istituzioni che si occupano di riabilitazione e cura non studiano i vostri metodi?

Non siamo noi che possiamo rispondere. Dovrebbe fare questa domanda alle istituzioni a cui si riferisce. Io so solo che noi porremmo loro questi quattro semplici interrogativi: 1) Quanti bambini cerebrolesi avete trattato? 2) Qual è il vostro protocollo di trattamento? 3) Quali sono i vostri risultati? 4) Dove pubblicate i vostri risultati?

Sono rimasto molto colpito dalla figura di Suo padre, Glenn Doman. Meriterebbe di essere conosciuto da tutti per la sua straordinaria umanità e per quello che è riuscito a fare per tanti bambini sofferenti. Qual era la motivazione più profonda che lo muoveva?

 Io credo che il primo bambino cerebroleso che mio padre abbia mai incontrato lo abbia influenzato profondamente. Quel bambino era paralizzato, completamente incapace di muoversi. Mio padre non riusciva nemmeno a immaginare come potesse essere trascorrere una vita intrappolato in una gabbia della stessa misura del proprio corpo. Questo pensiero lo assillava. Nel suo libro mio padre scrisse che l’unica gabbia buona era una gabbia vuota. Decise che nessun bambino avrebbe dovuto passare una vita intera intrappolato nel proprio corpo. Una seconda, enorme, motivazione fu la sua scoperta che i bambini cerebrolesi non solo erano più intelligenti di quanto si potesse pensare, ma potevano anche essere molto più intelligenti dei loro fratelli e sorelle. Fu molto colpito dalla differenza tra il modo in cui veniva insegnato a leggere ai bambini sani e il modo in cui i bambini lesi imparavano a leggere agli Istituti. Questo lo motivò a scrivere il libro “Leggere a tre anni” nel 1963.

Il cervello umano ha veramente le risorse necessarie per superare una grave lesione? Quali sono le sue potenzialità che normalmente non usiamo o non sappiamo sfruttare?

 Chiaramente il cervello ha le risorse per superare una lesione grave. Lo vediamo accadere spesso. Il cervello ha un potere di recupero eccezionale. Anzitutto perché il cervello umano è enorme. Abbiamo molto più cervello di quanto ne usiamo. Forse usiamo meno del 10% delle sue capacità. Nessun altro organo del nostro corpo è così sotto-utilizzato. Nessuno sa perché le cose stanno così. Quindi il potenziale c’è. È chiaro che il cervello cresce con l’uso. Questo è oggi ampiamente documentato in numerosissimi articoli e studi sulla neuroplasticità. Infine, oggi sappiamo che siamo in grado di generare continuamente nuove cellule cerebrali, dalla nascita fino alla morte. Questa neurogenesi è una scoperta molto recente. Ma la ricerca mostra che queste nuove cellule non si mantengono e muoiono facilmente. L’unico modo che abbiamo per mantenerle è fare qualcosa ‘che non abbiamo mai fatto prima’. Il nostro programma richiede effettivamente che ogni giorno i bambini facciano qualcosa che non hanno mai fatto oppure che facciano nuovamente qualcosa che non fanno da molti anni, e quindi forse anche se non eravamo consapevoli della neurogenesi, l’abbiamo sicuramente sfruttata!

Il punto di forza del vostro metodo è la famiglia. Glenn Doman sosteneva che è l’istituzione più antica della storia umana ed ha potuto attraversare i millenni, perché applica, tacitamente, quel nobilissimo principio che lui imparò nell’esercito Americano, prima di imbarcarsi per la liberazione dell’Europa, nella II Guerra Mondiale, ovvero: “Non si abbandonano mai i nostri feriti”. Lei non creda che la cultura oggi dominante tenda invece a scartare e abbandonare i feriti, i più deboli e sofferenti?

Sì, credo che sia così in generale, ma solo in alcune culture, non in tutte. I nostri genitori vengono da tutto il mondo ed è chiaro che in alcuni paesi ci sono ancora famiglie molto forti in cui la madre è rispettata e dove i bambini sono la priorità assoluta. Abbiamo sempre avuto molti bambini provenienti dal Messico, dall’Italia e dal Giappone. Oggi gli australiani, gli indiani e i russi stanno scoprendo il nostro lavoro e hanno iniziato a portarci i loro bambini. Queste famiglie sono la dimostrazione che ci sono ancora molti genitori che farebbero qualsiasi cosa per aiutare il proprio figlio ad avere l’opportunità per guarire.

Una famiglia italiana che fosse interessata a conoscervi cosa deve fare?

 Anzitutto i genitori devono leggere il libro “Cosa fare per il vostro bambino cerebroleso”. La nuova edizione (con una nuova traduzione) è pubblicata dal nostro nuovo editore Red!, gruppo Castello.
Per maggiori informazioni, le famiglie possono contattare il nostro Istituto europeo a Fauglia, Pisa, in Via Delle Colline Di Lari, 6, tel. 050 650 237, www. irpue.it

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