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Ecco perché il Papa non nomina l’islam

«La strage di Lahore, accaduta mentre ancora piangevamo i morti di Bruxelles, conferma che il terrorismo è il problema geopolitico mondiale di questo momento. Lo è almeno dal 2001 e lo è diventato ancora di più dopo la guerra in Iraq del 2004». Borghesi, ospite di Fabio Colagrande nella trasmissione “Al di là della notizia” di Radiovaticana di martedì 29 marzo, commenta gli articoli e gli editoriali dedicati dai giornali italiani all’attacco terroristico avvenuto il giorno di Pasqua a Lahore, in Pakistan, che ha provocato 72 morti e circa 300 feriti.

Una risposta al Governo“In Pakistan, il fenomeno terrorismo – spiega Borghesi – ha una sua configurazione particolare, certamente lontana da quella dell’IS, che corrisponde a una realtà creatasi negli ultimi decenni, dopo la guerra con l’Afghanistan, e ha il volto dei cosiddetti ‘taleban’. Si tratta di una frangia fondamentalista sunnita che si oppone oggi alla politica del presidente Sharif tesa ad ammorbidire i contrasti e a creare unità nazionale. Un’opzione politica molto coraggiosa, quelle del Capo di Stato pakistano, ma purtroppo debole”. “In questo senso – spiega Borghesi – l’attentato terroristico avvenuto nel giorno di Pasqua a Lahore è un attacco ai cristiani, ma è anche una precisa risposta politica al Governo in carica da parte di chi non vuole il processo d’integrazione e preferisce la radicalizzazione delle differenze e in particolare l’emarginazione delle minoranze, in primis quella cristiana”.

Non è prudenza

“In molti, in queste ore, vorrebbero che il Papa attribuisse direttamente all’islam la violenza terroristica di attacchi come quello di Lahore”, commenta lo studioso. “In realtà, Francesco non pronuncia quella parola, non per una sorta di prudenza, che pur sarebbe comprensibile, ma per una questione di principio. La maggior parte dei musulmani esistenti al mondo è infatti contraria a ogni tipo di violenza e vuole una pacifica convivenza. Il problema è l’islamismo radicale che nasce dall’estremismo sunnita di radice wahabita, non a caso, promosso dall’Arabia Saudita, uno dei principali alleati arabi dell’Occidente”.

No a ‘culturalismo’ e ‘terzomondismo’

“Come ricorda il politologo francese Oliver Roy – aggiunge lo studioso –  c’è un duplice approccio che va superato affrontando il tema islam, ben distinguendo gli attacchi terroristici come quello avvenuto a Pasqua in Pakistan da quelli avvenuti in Europa, come quello recentissimo di Bruxelles”. “Va superata la prospettiva ‘culturalista’, per cui esisterebbe una radicale eterogeneità che porta allo scontro e quindi all’inevitabile ‘guerra di civiltà’, fra Occidente e islam. Ma anche l’approccio ‘terzomondista’ che sostiene che tutto il problema derivi dall’Occidente e l’islamismo sia solo una reazione della parte povera, frustrata della società immigrata.  Anche se è vero che qui – come spiega bene Roy – siamo di fronte a un’islamizzazione del radicalismo, un processo molto diverso da quello che porta i talebani a mettere le bombe in Pakistan. In Europa, i musulmani di seconda generazione trovano spesso nell’islamismo una forma di decostruzione di un mondo che odiano perché li esclude”.

Fonte: BlogMassimoBorghesi

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