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Come saltano i pesci: Film coraggio su fede e famiglia

Matteo è un ragazzo di 26 anni con una vita perfetta: un sogno nel cassetto, due genitori, Italo e Mariella, che lo amano profondamente e una sorellina, Giulia, affetta da sindrome di down che vede in lui il suo eroe. Tutto si sgretola quando riceve una telefonata. Il suo mondo era costruito attorno ad una terribile bugia. Da qui inizia un’avvicente avventura umana alla ricerca della verità, che tocca con delicatezza i temi della famiglia, della fede e del perdono, nel nuovo film di Alessandro Valori Come saltano i pesci, in sala dal 31 marzo.
Una piccola e coraggiosa produzione indipendente targata Multivideo e Linfa, che mette a confronto adolescenti e adulti, con un cast di tutto rispetto. Accanto ai giovani protagonisti Simone Riccioni, (Universitari – molto più che amici), Brenno Placido e Marianna Di Martino, sorprende per bravura un inedito Biagio Izzo per la prima volta in un ruolo drammatico, quello di un padre fallito, accanito giocatore. Mentre Giorgio Colangeli e Maria Amelia Monti sono due genitori credenti, in conflitto con le loro coscienze appesantite da un’ombra lontana. E se le colpe dei padri ricadono sui figli, spetterà proprio a loro, ai giovani, trovare la forza per fare chiarezza ed arrivare a perdonare.

«Per noi la famiglia è il mattone su cui si fonda la società – spiega il regista Valori –. È il posto dove uno deve trovare amore e rispetto. E dove a dominare non deve essere il rancore, ma il perdono». Un concetto niente affatto vago in questo film, bensì dichiaratamente cristiano. Incarnato nel protagonista Matteo, che davanti a un magnifico tramonto tra i colli marchigiani non ha paura di dialogare a voce alta con Dio, anzi con Gesù, «che poi Dio e Gesù son la stessa cosa» cerca di spiegare alla sua allibita compagna di viaggio, incalzandola sulla sua vaghezza spirituale: «O ci credi o non ci credi, chiamalo come ti pare ma quello è. Adesso invece prendiamo la fede, la tagliamo e ce la ricuciamo come ci pare a noi…». Parole che non si sentono spesso nel cinema italiano e che rispecchiano le convinzioni dello stesso protagonista Simone Riccioni (che è anche cosceneggiatore e produttore del film), nato e cresciuto in Uganda fino ai 10 anni, figlio di un anestesista rianimatore e di una professoressa di matematica, in missione in Africa per conto dell’associazione dell’AVSI, come volontari laici.

«La fede fa parte della vita – aggiunge il regista –, tutti noi, credenti e non ci interroghiamo sul nostro destino. C’è un mondo fatto di credenti che il cinema non racconta mai. La religiosità è un valore enorme, negarlo sarebbe miope». A fare da chiave di volta in una storia in cui si intrecciano destini sconosciuti e fanno capolino tematiche come la droga, l’azzardo, il tradimento, è la tenerissima figura di Giulia, la sorellina down interpretata con spigliato divertimento da Maria Pia Rosini. Cresciuta nei laboratori teatrali dell’Anffas di Macerata, sarà lei con la sua schiettezza a sciogliere i nodi principali della storia. Una storia che propone un autentico “salto” a pié pari nella speranza nel futuro. Un film appassionante da cui è già stato tratto l’omonimo romanzo (firmato da Jonathan Arpeti e dal poliedrico Riccioni, in libreria per da Leone editore) in cui si approfondiscono i caratteri e i vissuti dei protagonisti. Con la preziosa postfazione di monsignor Giovanni D’Ercole.

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