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Teoria del gender nelle scuole, la Liguria dice “no”

Le famiglie liguri sono meno sole di fronte alla “colonizzazione ideologica” dell’ideologia gender. Il consiglio regionale ha infatti approvato la scorsa settimana due mozioni contro la diffusione del gender nelle scuole.

Le mozioni, presentate rispettivamente da Matteo Rosso (FdI) e Alessandro Puggioni (LN), e da Angelo Vaccarezza (FI) e Andrea Costa (Ncd-AP), impegnano il presidente e la giunta regionale a far sì che «nelle scuole di ogni livello e grado non venga introdotta la ‘teoria del gender’ e venga rispettato il ruolo della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità».

In entrambi i casi, la maggioranza ha votato compatta, con 16 voti favorevoli, contro i 14 dell’opposizione. La Liguria è diventata così la quarta regione Italiana, dopo Basilicata, Veneto e Lombardia, a impegnarsi per evitare la diffusione della teoria del gender nelle scuole.

«Le mozioni hanno voluto tracciare le linee-guida delle politiche di questa amministrazione a sostegno della famiglia», ha sottolineato in un’intervista televisiva Andrea Costa, che ha ribadito l’impegno della Regione per una legge sulla famiglia. «Il rispetto è dovuto ad ogni persona, ma bisogna anche riaffermare che in una famiglia occorrono un uomo e una donna, e che ogni bambino ha bisogno di una mamma e di un papà. Non ne abbiamo dubbi e abbiamo voluto dirlo in modo chiaro».

«Abbiamo voluto mettere al riparo i bambini e le loro famiglie dal rischio che potessero essere introdotte lezioni sulle teorie gender, alle spalle e senza il coinvolgimento delle associazioni delle famiglie, come avvenuto in altre regioni per esempio in Friuli, e quindi perpetrando quello che riteniamo essere un vero e proprio inganno – ha spiegato Matteo Rosso -. Sappiamo che a livello nazionale, sono in corso attività parlamentari concentrate su disegni di legge che mirano a decostituire il modello della famiglia naturale e a limitare la libertà di opinione sulle delicate tematiche dei matrimoni e delle adozioni da parte delle coppie dello stesso sesso. Tutte norme che, apparentemente fondate sul nobile intento del principio di uguaglianza, possono avere effetti negativi sull’educazione dei più giovani se condotte da insegnanti o educatori ideologicamente impostati».

«La precedente giunta regionale – ha proseguito Rosso – aveva investito 900 mila euro di fondi regionali sul tema delle pari opportunità e in progetti nelle scuole in cui sono state coinvolte le associazioni per la tutela di persone con diverso orientamento sessuale, ma mai le associazioni familiari». La Regione Liguria (come Piemonte, Toscana. Lazio, Emilia Romagna, Basilicata, Campania, Marche e Puglia) tuttora aderisce alla ‘rete Re.a.dy’, che promuove la cultura gender, sollecitando «progetti educativi e orientamenti legislativi».

In un commento riportato da vari media, Arcigay ha sottolineato che «questo voto ci preoccupa molto, perché il nostro lavoro educativo nelle scuole potrebbe essere messo in difficoltà proprio dall’accusa di essere sostenitori di una teoria secondo cui maschio e femmina per noi sarebbero uguali: non condividiamo tale pensiero. Il nostro lavoro con studenti e studentesse ha il preciso scopo di prevenire il bullismo omofobico e di aiutare a preservare la crescita emotiva e fisica di ognuno e di ognuna».

Similmente, Equality ha visto nel voto un sostegno alla lotta contro «una fantasmagorica “teoria genere”, finalizzato a fidelizzare il voto dei settori religiosi più integralisti e a bloccare nelle scuole le azioni positive contro il bullismo omofobico».

Proprio negli stessi giorni, nella provincia limitrofa di Massa Carrara, una famiglia si è vista costretta a ritirare la figlia dalla scuola dove venivano lette favole a sfondo gay. In una nota, il Movimento per la Vita Italiano ha espresso «solidarietà, vicinanza e sostegno ai genitori della bimba di Massa. L’episodio ha dimostrato per l’ennesima volta l’esistenza del progetto sostenuto dalle organizzazioni Lgbt – anche con la complicità di alcune regioni – che tenta di introdurre l’ideologia gender nelle scuole italiane. Mentre crescono il malcontento e la contestazione del sistema scolastico da parte dei genitori, che si sentono espropriati della loro responsabilità educativa, il MpV lamenta la passività del Ministero dell’Istruzione e chiede al Ministro Giannini di andare oltre i buoni propositi della riforma della scuola per guardare con altri occhi ai continui tentativi di indottrinamento che si stanno verificando nella realtà dei territori.

In una società democratica i contenuti dell’educazione dei bambini e degli adolescenti non spettano allo Stato e su temi di tanta delicatezza le famiglie devono essere informate anticipatamente sui contenuti dei libri di testo, dei piani dell’offerta formativa e delle attività extra-curricolari. Il Miur a questo si è impegnato con la sua circolare del 15 settembre scorso e questo deve far rispettare se non vuole rendersi complice di una truffa educativa in piena regola».

Nei giorni scorsi, Regione Liguria ha approvato anche un ordine del giorno perché “vengano predisposti opportuni strumenti finanziari a sostegno e al miglioramento degli oratori e di altri centri religiosi (della Chiesa cattolica e di altre confessioni, ndr.) in modo tale da svolgere la loro attività al meglio”. L’ultimo finanziamento risale al 2010, quando la Regione stanziò 600mila euro per la concessione di contributi che coprivano le sole spese di gestione, senza fondi per le spese in conto capitale.

F.B.

Approfondimenti:
Teoria del gender nelle scuole, la Liguria va contro il ministero e dice “no”
PUGLIA: Gender, la giunta regionale aderisce alla rete Re.a.dy

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