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Evoluzione prossima fermata

Quale sarà il prossimo passo dell’evoluzione? La domanda non è tra le più urgenti, eppure è curioso notare quanti studiosi (più di informatica che di biologia) recentemente abbiano tentato di rispondervi e quanto affine, per di più, risulti la loro conclusione. Certo non è facile come fare «2+2», però alcuni addendi (ovvero linee della storia biologica) sono sulla lavagna: dai tempi dei primi organismi pluricellulari (e ancora indietro) al mondo di oggi, sono riconoscibili le tendenze verso un aumento della complessità, verso una maggior integrazione e uno sviluppo della capacità di pensiero e di coscienza.

L’australiano John Stewart, alla fine dello scorso anno, su «Biosystem», con The Direction of Evolution ha provato a tirare l’ardua somma: le suddette tendenze «continueranno e accelereranno fino all’emergere di un’entità globale che integrerà processi viventi, materia, energia e tecnologia». Nel libro La freccia dell’evoluzione (Canberra 2000), Stewart era stato più esplicito e aveva impiegato, per la stessa realtà a cui infine dovremo tendere, l’espressione, tra l’evocativo e l’inquietante, di «super-organismo».

Il maggior assertore del Super-organismo, oggi, è tuttavia Francis Heylighen, evoluzionista sì, ma cibernetico, preconizzatore, nonché storiografo di tale sistema auto-organizzantesi «formato da tutte le persone di questo pianeta più la tecnologia che le collega». Una simile rete emergente di umanità-artefatti-ecosistema agirà come un intero decentralizzato dall’intelligenza distribuita, ove l’immensa varietà degli agenti in interazione condividerà esperienze e memoria, accelerando la coordinazione, rafforzando i link tra i componenti e rendendo quelli maggiormente fecondi sempre più diretti e potenti.
Per l’umanità si tratterà di una «transizione di metasistema, come quando in natura una sostanza passa dallo stato liquido a quello gassoso o quando le singole cellule danno vita ad un organismo multicellulare». Un tale Super-organismo planetario avrà, inevitabilmente, Internet quale «sistema nervoso centrale», da chiamarsi anche Global Brain (da cui l’Istituto di ricerca omonimo all’Università di Bruxelles).

Un rimbalzo eclatante dell’idea si ha nella cosiddetta «nona transizione evolutiva» prevista da Kevin Kelly. Appoggiandosi sull’autorevole Le maggiori transizioni nell’evoluzione di J. Maynard-Smith e E. Szathmary (Oxford 1995), Kelly è pronto a scommettere sull’imminente scatto al gradino superiore, quando le società umane confluiranno in un Super-organismo innervato di tecnologia, dotato di un nucleo centrale di elaborazione-interpretazione delle informazioni e caratterizzato dal tasso massimo di cooperazione, tipico di chi ha ben chiare l’interdipendenza reciproca di tutte le componenti e il bene comune.

Si aggregano all’intuizione, tanto per far percepire l’entità del consenso, lo psicologo Christian Koch che in Coscienza (Cambridge 2012), confessa di prevedere una Übermind planetaria; l’informatico Roger Bautier con il suo L’Internet comme cerveau mondial del 2003; il biologo e informatico Joël de Rosnay che, nel suo Le cerveau planetaire, assimila gli esseri umani ai neuroni della Terra; il nobel Christian De Duve che una volta ha paragonato lo sconcerto degli increduli dinanzi a tale idea alla fantomatica reazione dell’australopiteco Lucy qualora gli avessero preannunciato l’avvento di un satellitare tv (e qualora Lucy avesse potuto intendere il concetto). In Italia, a parlar più diffusamente della «Creatura planetaria» è Giuseppe O. Longo in testi come Il simbionte o Homo immortalis.

Questo, peraltro, è solo un assaggio teorico, perché su tali basi già si sono installati arditi istituti di ricerca come il Global Consciousness Project della Princeton University con il suo tentativo di elettro-gaia-gramma, proteso a captare i primi battiti (lallazioni) della nascitura coscienza planetaria o come il Synaptic Web, ennesimo scatto in avanti rispetto al web semantico o come, ancora, l’internazionale Galactic Research Institute, certo che le preoccupanti condizioni del nostro pianeta non siano la manifestazione della crisi della biosfera, bensì il gemito per la nascita/crescita della noosfera.

Quest’ultimo termine – «noosfera» – fa sollevare il sipario sulla comune e dichiarata fonte ispiratrice di tutti i suddetti, che potrebbero essere denominati, senza tema di risentimento, i “nipotini” di Teilhard de Chardin. Ad imparentarli strettamente, infatti, non è solo il nucleo dell’idea, ma anche lo spirito di ottimistica fede con cui il gesuita paleontologo ne parlava. Il Super-organismo è, invero, anche il simbolo di un’umanità in profonda armonia con la Madre Terra, che sorregge, e con la Tecnologia, che eleva ed emancipa.

Esso sarà, nell’interpretazione generale, il frutto di una cooperazione e di una solidarietà praticamente organiche. Sarà la comprensione del collegamento e dell’interdipendenza del tutto con tutto. Sarà la rivelazione di quanto anti-evoluzionistica sia ogni folata secessionista e ogni chiusa resistenza all’integrazione.

Tale organismo planetario segnerà pure la massima irradiazione della coscienza, ovvero l’ingresso dell’umanità nell’era psicozoica (dopo quelle paleozoica, mesozoica…), per usare un altro termine che Teilhard stavolta mutua dall’”amico” Vladimir Vernadskij. Sarà il rarefarsi della materia nello Spirito, perché la pneumatosfera di Pavel Florenskij è il concetto-gemello di noosfera.

Il n. 39 della Gaudium et spes afferma che il progresso terreno «è di grande importanza per il regno di Dio» (sebbene non sia da confondere con questo) e che, nella Terra presente, «cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo». Alla luce delle espressioni del documento conciliare, diventa ancora più intrigante l’immagine di un Super-organismo dove tutti, senza spersonalizzarci, saremo una sola cosa: convinta figura del post-umano; vaga prefigurazione escatologica.

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